La pantera era stata catturata
ed io,
come lei , non riuscivo a togliermi dalla mente le sensazioni dell'ultimo mese .
Immagine presa da QUI
In quei giorni avevo respirato un senso di libertà mai
provato prima ,
non
le conoscevo quelle sensazioni e non le realizzavo appieno .
E anche quella lotta , non è che la capissi granchè , non capivo ne la lotta , ne i motivi della lotta.
Non sapevo nemmeno per cosa
lottavamo, ma lottavo tanto .
Ero certa che i motivi per cui lottavo fossero giusti e di
fondamentale importanza per il mio e per il nostro futuro.
Erano così giusti che adesso nemmeno li ricordo.
Ma mi ricordo bene che mio padre storceva la bocca e ci
accusava di voler emulare il 68.
E aveva ragione , perché io avrei davvero voluto vivere in quegli anni , e anche questo mio desiderio , come tutti quelli che riempivano le mie giornate di quindicenne , era del tutto privo di logica e di fondamenti .
Che per me il 68 voleva dire Jeans a campana , scarpe con la zeppa e capelli
lunghi e lisci sugli occhi .
Quello che so , è che quell'assurdo mese vissuto in liberà insieme alla Pantera , mi
dava l’assoluta certezza che stavo facendo qualcosa di grande , qualcosa che un
giorno sarebbe stato ricordato dai miei figli .
E fa sorridere pensarci stasera , a 25 anni di distanza .
Fa sorridere non
riuscire a ricordare quasi niente di quelle tre settimane di occupazione
studentesca.
Buffo dover googlare su Internet “Occupazione della pantera
“ per ricordarmi per cosa combattevamo , noi , studenti di 15 anni in prima
Liceo.
Però ci sono delle cose di quei giorni che mi sono rimaste appiccicate addosso e nonostante siano trascorsi quasi 25 anni restano li , incollate
con il mastice .
Di quelle tre settimane ricordo gli odori ; l’odore dei materassi verdi in palestra , quei materassi che emanavano quell'odore di sudore un po’ stantio misto alla plastica .
Ci ho trascorso pomeriggi sdraiata in quei materassini ad osservare il
lento scorrere degli eventi .
Pomeriggi spalmata su quei materassini a fumare sigarette e bere caffè macchiato ,
quel caffè macchiato della macchinetta in corridoio.
Che a me il caffè a quei tempi nemmeno mi piaceva
, infatti ci mettevo così tanto zucchero che a pensarci mi viene la nausea.
Ma mi piaceva il gesto di " bere il caffè" , mi faceva sentire
grande.
Così come mi facevano sentire
grande quelle Marlboro Rosse , che adesso , invece maledico ò
Mi faceva sentire
grande starmene li , seduta a non fare nulla , ad ascoltare la chitarra strimpellata
da qualche ragazzo di quarta .
Quel senso di libertà assoluta , quelle giornate infinite quel "non tempo" mi riempiva in un modo difficile da descrivere .
Ma più di tutto , mi piaceva lui .
Lui , il più bello
della scuola, lui che non mi vedeva nemmeno ,
per lui non esistevo e invece ,
per me esisteva solo lui.
Che a ripensarci oggi mi viene da sorridere ma in quei giorni la vita non
era mica facile sapete?
Non era mica facile trascorrere il pomeriggio guardandolo
baciare le altri sdraiato su quei materassi verdi in palestra .
E io?
Io semplicemente io me ne
stavo li , ostentavo indifferenza e dentro mi mangiavo di gelosia.
Avrei tanto voluto che lui mi vedesse. Non è mai successo e
quindi, come tutti i grandi amori adolescenziali si è dissolto come una bolla
di sapone in poco più di qualche mese.
Ma questo non lo rende meno importante. Questo non lo rende
meno vero.
Dell’okkupazione della Pantera vorrei ricordare tante cose.
Vorrei raccontare il perché di quella lotta studentesca,
Vorrei parlare delle discussioni sulla politica, della
motivazione forte che ci aveva portato ad impossessarci del nostro Liceo per 3
settimane .
E invece…
Dell’Okkupazione della pantera mi resta solo un bicchierino
di plastica con dentro un rimasuglio di caffè zuccherato e una sigaretta spenta
.
Mi resta solo il ricordo dei
materassini verdi della palestra e la voglia di baciare il più fico della
scuola…
ma tutto sommato , non è poi così poco.